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Volkano Reggae Chat

martedì 30 giugno 2009

La Storia del reggae -Terza parte-

Dall’inizio degli anni ottanta al reggae roots classico cominciò ad affiancarsi il suono rub.a-dub, caratterizzato dalla sua ballabilità, talvolta dalla presenza dei dj e da un ritmo più scarno, fondato prevalentemente su basso e batteria. Nomi del calibro di Sugar Minott, Don Carlos, Barrington Levy, Junior Reid, Frankie Paul, Half Pint, ma anche i dj precursori dello stile raggamuffin come Ranking Joe, U Brown, Early B, Macka B, Charlie Chaplin, Sister Nancy, Sister Carol e il grande Yellowman, che influenzò notevolmente lo stile reggae e quello hip hop con il suo modo di cantare.E mentre da una parte continuava a svilupparsi il reggae in battere e levare, con le sue varianti rockers, roots, che arrivò a vincere il primo Grammy con i Black Uhuru, storica formazione capitanata da Ducky Simpson, dall’altra il produttore King Jammy, con il suo mixer e le sue macchine, dava origine a quella che può essere definita l’era digital del reggae.
La facevano da padrone ai tempi Admiral Bailey, Tonto Irie, Pompidoo, Johnny Osbourne, Wayne Smith, Tenor Saw, King Kong, Nitty Gritty, Nicodemus, Supercat e tanti, tanti altri artisti i cui sette pollici infiammavano le dances.
Tra la fine degli anni ottanta e i primi novanta una nuova generazione di dj’s monopolizzarono la scena con un nuovo stile, erede del toasting e chiamato raggamuffin o ragga, letteralmente “straccione”. Liriche esplicite, talvolta violente, unite a ritmi digitali veloci che dal vivo, con i musicisti, venivano reinterpretati con ancora maggiore grinta e carica, in un modo del tutto originale.
Il maggiore esponente di questa corrente fu senza ombra di dubbio il controverso ma insuperabile Shabba Ranks, artista di fama internazionale che tenne addirittura un concerto in Sud Africa di fronte a Nelson Mandela.
Molti cantanti e tante band non riuscirono più a tenere il passo dell’innovazione, e se sull’isola gli studi di registrazione non erano più rudimentali come nei decenni precedenti, garantendo ai dischi un appeal internazionale, dagli USA il gangsta rap influenzava notevolmente i testi e i modi di fare dei dj’s. Fu il periodo delle x-rated lyrics, della slackness e delle tematiche maschiliste ed omofobiche. Il ragga fu sicuramente il suono più promosso e trasmesso, soprattutto grazie a voci potenti come Burro Banton, Buju Banton, Capleton, Cutty Ranks, Bounty Killer, Beenie Man.
Ma non mancavano esponenti della corrente conscoius, come il grande (r.i.p.) Garnett Silk, o la voce dolce di Cocoa Tea, o il dj style di Tony Rebel.
La metà degli anni novanta vide il riaffermarsi della spiritualità nei testi, le tematiche rasta presero di nuovo il sopravvento proprio come negli anni settanta, e mentre alcuni dj come Buju Banton e Capleton si convertirono al rastafarianesimo cambiando decisamente rotta, nuovi cantanti molto ispirati diedero forma allo stile new-roots. Primo tra tutti il versatile sing-jay Sizzla, vero innovatore e sperimentatore, capace di passare dalle melodie più eleganti al ragga con metriche prettamente hip hop con la massima disinvoltura, lasciandosi andare a virtuosismi vocali e falsetti che lo hanno caratterizzato negli anni. Ma anche Anthony B, con la sua voce potente e le sue invettive politiche, o Yami Bolo, denominato “the lamaica Stevie Wonder”.
Il reggae contemporaneo infine è caratterizzato da una molteplicità di stili e tendenze che spaziano dal roots classico dei vecchi re che ancora ci regalano grandi album, come Burning Spear, Israel Vibrations o Bunny Wailer al nu-roots di Morgan Heritage, Ras Shiloh, Jah Mason, Jahmali, Lutan Fyah, Fantan Mojah, Chezidek, Chrisinti, Luciano, Bushman, Natty King, Junior Kelly, Chuck Fender, Jah Cure; dalla dance hall, meglio definita come bashment, che vanta nomi come Movado, Serani, Vybz Cartel alla scuderia dei fratelli Marley (Ziggy, Ki mani, Junilan, Damian, Stephen), figli del grande Bob.
Di portata ormai planetaria, il reggae si è arricchito di messaggi e culture assai diverse tra loro. E allora ci sono gli artisti ebrei come Joseph Israel e Matisyahu; gli artisti delle Isole Vergini come la dolce Dezarie, Pressure, Batch, Ras Attitude; gruppi americani come Groundation, Boom Shaka, Isaac Haile Selassie; gruppi inglesi come gli Steel Pulse, o il poeta marxista Linton Kwesi Johnson; voci africane come Alpha Blondy, Takana Zion, Lucky Dube (r.i.p.), Tiken Jah Fakoly; voci europee come il nostro Alborosie (ex Reggae National Tickets) e il tedesco Gentleman; artisti italiani come Africa Unite, Sud Sound System, Jahmento, Jaka, Michelangelo Buonarroti, Villa Ada Posse, Fido Guido, Il Generale, Brusco, Boomdabash.

sabato 27 giugno 2009

Le leggende del Reggae: Alton Ellis

Alton Nehemiah Ellis nasce a Kingston, Giamaica, nel 1938, e crebbe nella zona di Trenchtown con la sua famiglia, già incline alla musica. Già da giovane imparò a cantare e suonare il piano, e spesso si esibiva in alcuni locali frequentati da giovani. Nella sua prima infanzia, egli formò un duo con un altro cantante, Eddie Perkins, fu così che naque la coppia Alton & Eddie. Nel 1959, dopo aver vinto un talent show, registrarono il brano "Muriel", che divenne una grande hit in Giamaica. Poco tempo dopo aver pubblicato il secondo singolo "My Heaven", Perkins abbandonò il progetto per tentare la carriera solista negli Stati Uniti, lasciando Ellis come solista. Ellis registrò del materiale per la Studio One di Dodd durante i primi anni 60, ma senza ottenere particolari riscontri. Non soddisfatto, si spostò sotto la Treasure Isle di Duke Reid nel 1965, e formò un trio vocale chiamato the Flames (la prima incarnazione includeva il fratello Leslie, e una formazione instabile). Ellis raggiunse presto il successo con la hit anti-violenta "Dance Crasher", e l'anno seguente, realizzò quello che sarà riconosciuto come il primo singolo rocksteady, "Get Ready - Rock Steady". Il suo battito innovativo naque da una sessione dove il bassista non si presentò, così il tastierista Jackie Mittoo fu costretto a suonare lui le parti di basso; la mano sinistra di Mittoo non riusciva però a stare dietro al ritmo ska, così decise di rallentarlo. Il risultato fu un battito più corto e lento che diede origine al sound rocksteady. Secondo lo stesso Alton Ellis, il tempo rallentò dallo ska al rocksteady essenzialmente per essere adattato allo stile soul, che risultò una nuova influenza sulla musica giamaicana.

Egli ottenne altri successi durante il 1966, tra i quali "Cry Tough" e "Girl I've Got a Date", quest'ultima divenne una delle sue canzoni più famose. Ellis compose anche dei brani in coppia con Phyllis Dillon (facendoli diventare la risposta giamaicana a Marvin Gaye e Tammi Terrell), ma anche con sua sorella Hortense Ellis (inclusa la cover di Neil Sedaka "Breaking Up Is Hard to Do"). Il suo album classico Mr. Soul of Jamaica (in seguito ripubblicato su cd come Cry Tough) raccolgieva molte delle migliori tracce per la Treasure Isle. Dal 1968, Ellis tornò a lavorare per la Studio One senza abbandonare la Treasure Isle, divenendo uno tra pochi cantanti a fare da pone tra i due rivali. Gran parte dei suoi lavor dei fine anni 60 venne pubblicato per la Studio One, inclusa le cover di soul americano "Willow Tree", "I'm Just a Guy", e "Sitting in the Park". Nel 1970, realizzò il disco Sunday Coming, one dei più grandi lavori pubblicato per la Studio One. Ellis diede inizio ad una collaborazione con il produttore Lloyd Daley per un breve periodo, che diede come risultato le hit influenzate da tematiche rasta "Lord Deliver Us" e "Back to Africa"; collaborò anche con Keith Hudson. Tuttavia, egli non ricevette abbastanza compensi finanziari rispetto al suo successo. Disilluso, trascorse un periodo negli Stati Uniti e Canada, poi si trasferì in Inghilterra nel 1973. Nel paese europeo, Ellis fondò la sua etichetta discografica, la Alltone, tramite la quale pubblicò nuovi lavori e raccolte di vecchio materiale. La popolarità internazionale di Bob Marley e la nascita del roots reggae provocarono all'artista una perdita di popolarità, ma negli anni, egli venne ricordato per essere stato un pioniere della musica giamaicana. Ritornò trionfante in Giamaica in occasione del festival Reggae Sunsplash sia nel 1983 che nel 1985, e registrò un nuovo singolo, "Man From Studio One", in onore di Dodd nel 1991. Vennero pubblicate numerose raccolte durante l'epoca dei cd, confermando la sua rilevanza all'interno della scena giamaicana.
Nel dicembre 2007, fu ricoverato in ospedale a Londra per la cura del cancro alle ghiandole del sistema linfatico, ma tornò ad esibirsi live dopo essersi sottoposto alla chemioterapia. Ellis morì il 10 ottobre 2008 al Hammersmith Hospital, West London, a causa del cancro. Era il fratello maggiore di Hortense Ellis, ed il padre di oltre 20 figli tra cui Noel Ellis e Christopher Ellis, entrambi cantanti reggae.

La discografia


Albums
Mr Soul of Jamaica (1967)
Sings Rock and Soul (1967)
Sunday Coming (1970)
Still in Love (1977)
A Love to Share (1979)
Showcase (1984)
Slummin' (198?)
Mr Ska Bean'a (1981) Cha Cha (Alton Ellis & The Heptones)
A New Day (1983)
Daydreaming (1983)
25th Silver Jubilee (1984)
Continuation (1985)
Jubilee Volume 2 (1985)
Alton & Hortense Ellis at Studio 1 (1990)
Man From Studio One (1994)
Change My Mind (2000)
More Alton Ellis (2001)


Raccolte
The Best Of (1969)
All My Tears (1965-68) (2006) Brook
Alton Ellis Sings, Heptones Harmonise Jet Star (Alton Ellis & The Heptones - 1978-80)
Arise Black Man (1968-78) Moll Selekta
Greatest Hits (1973)
Be True to Yourself (196X-7X) (2004) Trojan
Get Ready for Rock Reggae Steady (1967-74) (1999) Jamaican Gold
Many Moods of Alton Ellis (1978-80) (1980) Tele-Tech
My Time Is the Right Time (1966-71) (2000) Westside
Reggae Valley of Decision (197X) (1996) House of Reggae
Soul Groover (1997) Trojan
Reggae Max (1997) Jet Star
The Duke Reid Collection (1999) Rhino
Soul of Jamaica (2001) Bianco
It Hurts Me So (2006) Essential Gold
Reggae Chronicles (2006) Hallmark
Muriel (2007) All Tone


Raccolte live

Live with Aspo: Workin' on a Groovy Thing (2001)


Sito ufficiale

Novità: Playlist da scaricare subito!!!

Da oggi troverete nel nostro blog delle playlist da scaricare velocemente e comodamente, per accelelare all' ennesima potenza i download vi consigliamo di scaricare Orbit downloader che troverete su http://www.orbitdownloader.com/. Ecco la prima playlist.

Revolution Riddim (Reggae) 2009
Track List:
01. Chezidek - Promises
02. George Nooks - Rise Up Now
03. Gyptian - Hear Our Cry
04. Junior Reid - Deliverous Jah
05. Lutan Fyah - Everything Crash
06. Maria - Children Crying Out
07. Natural Black - Revolution
08. Richie Spice - Rasta Naah Run Away
09. Sizzla - Put It Down
10. Uproar - Friends Life Lost
11. Uproar - Hunt The Money
12. Zebra - Am In Love
13. Version - Revolution Riddim
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Password: rev99

venerdì 26 giugno 2009

La Storia del reggae -Seconda parte-

Verso la fine degli anni ‘60, secondo la leggenda, in corrispondenza di un estate particolarmente torrida i dj dell’isola durante le dancehall rallentarono la velocità dei loro dischi…e dal rock steady si passò al reggae: roots reggae. Il nome si dice sia stato inventato dai Toots and The Maytals che intitolarono un loro brano “do the reggey”. Ritmi più lenti, ruolo predominante del basso, che crea vere e proprie melodie e non solo accompagnamenti. Tematiche più impegnate, di denuncia, con argomentazioni sociali e avvento della fede rasta all’interno della musica. Molti i cantanti del periodo, ma prevalenti erano senza dubbio le formazioni di trio vocale come i Mighty Diamonds, i Congos, gli Abyssinians, i Wailers, i Melodians, i Gladiators, i Culture…
Già dagli anni sessanta per le strade della Jamaica nascevano i primi sound system, delle vere e proprie discoteche itineranti con al microfono i dj, detti toaster, che infiammavano la danza improvvisando intermezzi parlati e sincopati sulle versioni strumentali dei brani più famosi dell’epoca. U Roy fu senza dubbio il capostipite, ed è indimenticabile e campionatissima la sua Wake The Town.
Negli anni settanta la Giamaica ha prodotto, a mio avviso, la migliore musica di sempre, affidandosi a voci storiche del calibro di Peter Tosh, Israel Vibration, Max Romeo, Ijahman Levi, Dennis Brown, John Holt, Gregory Isaacs, Freddie McGregor, Horace Andy.
Tanti cantanti, seguiti sul palco e in studio da musicisti turnisti, o anche vere e propre formazioni all’occidentale, come i Third World, band composta da ottimi strumentisti e cantanti che conferivano al suono jamaicano una forte connotazione funk, rock e soul.

E non potrei non parlare di tutti i gruppi e gli artisti che hanno suonato e suonano nya binghi, il ritmo percussivo, fatto con i tamburi tradizionali, tipico delle cerimonie rasta e direttamente ereditato dagli antenati africani. Ras Michael and the sons of negus è senza dubbio la realtà più importante.
Continua...

La Storia del reggae -Prima parte-

Apriamo ora la rubrica la "Storia del reggae", che racconterà l'evoluzione del genere e gli artisti che ne hanno fatto la storia. Ma preliminarmente è indispensabile sgombrare il campo da odiose etichettature fatte di aggettivi tipo alternativo, commerciale, underground, strano, normale, italiano, straniero, famoso, sconosciuto…
Una volta fatti fuori a fucilate tutti i condizionamenti imposti da radio, televisione e mass media in genere, quando sarete sicuri di affidarvi esclusivamente alla soggettività del gusto personale, allora sarete pronti a leggere le righe successive con il giusto spirito.
Il reggae è la musica popolare originata in Giamaica verso la fine degli anni ‘60, conosciuta in occidente soprattutto grazie a Bob Marley. Nonostante questo, attualmente i dischi registrati nella piccola e povera isola caraibica coprono circa il 4% del mercato discografico mondiale.
In ogni angolo del pianeta, in ognuno dei continenti, riuscirete a scovare sicuramente un dj, un mc, un sound system che promuove il reggae.
Per una buona parte dei lettori il termine reggae è riconducibile fondamentalmente a Bob Marley, e forse a Peter Tosh e ai Sud Sound System, ed in effetti per un italiano non appassionato del genere, questi sono gli unici nomi che escono dal perimetro delle dancehall giungendo anche in televisione, in radio e sui giornali.
Ma vi assicuro che c’è un fermento inimmaginabile negli studi di registrazione e sui palchi di tutto il mondo, fatto di centinaia di artisti, di ogni colore, credo e nazionalità, accomunati dalla magia del ritmo in battere e levare, la caratteristica peculiare che rende il reggae inconfondibile.
Gruppi, band e artisti che non hanno avuto negli anni il giusto riconoscimento, ma che in alcuni casi si collocano, a livello artistico, una spanna più su rispetto al comunque inimitabile Bob.
Uno dei luoghi comuni più radicati che io, da appassionato, collezionista ed esperto di reggae ho ascoltato più spesso, è quello secondo cui “il reggae è tutto uguale”.
Proprio per questo inizierei col dire che dietro il termine generico reggae si articolano tutta una serie di sottogeneri, tendenze ed influenze che non solo si differenziano notevolmente tra loro, ma che hanno una propria fisionomia caratteristica capace di catturare i gusti più differenti.
Dunque la cosa migliore che posso fare in questa sede è segnalarvi della buona musica, fornendovi validi input, ottimo punto di partenza per un eventuale ricerca personale.
Prima di trasformarsi in reggae, verso gli ultimissimi tempi degli anni ‘60, il suono jamaicano era denominato ska e rock-steady. Ritmi veloci, imponenti sezioni fiati, tanti musicisti sul palco, canzoni con tematiche per lo più spensierate e lunghi brani strumentali.
I pionieri furono senza dubbio i grandi Skatalites, una vera e propria orchestra che per la prima volta esportò in maniera massiccia la musica autentica jamaicana oltre i confini dell’isola, oltre i grandi Desmond Dekker, Alton Ellis, Dalroy Wilson, The Heptones. Lauren Aitken, Junior Byles, Bob Andy, Toots Hibbert.

CONTINUA...

Rototom Sunsplash European Reggae Festival


Il Rototom Sunsplash è il più grande raduno reggae d’Europa.Dal 1994 richiama in Friuli migliaia di giovani da ogni parte del mondo e trasforma il grande Parco di Osoppo in una città multietnica in cui la convivenza tra le persone è fondata sulle grandi utopie della libertà, della pace, del rispetto, della fratellanza. Sono state 150mila le presenze della passata edizione: c’è chi arriva in camper o con la tenda e si sistema nell’area interna riservata al campeggio, e chi invece si prenota in una delle strutture ricettive della provincia (alberghi, campeggi, agriturismo) facendo registrare il “tutto esaurito” nel raggio di 30km.L’originale formula dell’evento coniuga musica ed impegno, divertimento e momenti d’incontro, d’informazione, di riflessione. Per 10 giorni consecutivi accanto ai grandi concerti sono proposte tantissime attività ad ogni ora del giorno e della notte: dibattiti, proiezioni di film e documentari, mostre fotografiche, corsi di percussioni, danza africana, capoeira e didjeridoo, sessioni di meditazione e medicina naturale, incontri sulla musica reggae e sulla cultura rasta. Uno staff specializzato organizza laboratori creativi, spettacoli di giocoleria e burattini per i bambini, che sono sempre tantissimi. Più che una rassegna musicale, il Rototom Sunsplash assomiglia ad una vera e propria vacanza: durante il giorno chi non segue assiduamente le attività proposte prende il sole, gioca a frisbee o a calcetto, legge, si dondola sulle amache o semplicemente gironzola nel villaggio in cerca di nuovi amici.Al tramonto si accendono le luci sul grande palco dell’area spettacoli e la musica diventa indiscussa protagonista. Sfilano, uno dopo l’altro, le superstar della musica giamaicana, i grossi nomi africani e i campioni del reggae europeo. Al termine dei concerti, tutti a ballare, fino all’alba nella tenda dedicata ai sound system o sotto una delle innumerevoli tende etniche presenti.Sono aperti giorno e notte i bar e gli stand gastronomici che propongono drink e piatti di cucina da tutto il mondo, mentre nell’affollato mercatino dell’artigianato etnico gli stand dei più forniti negozi di dischi reggae d’Italia diffondono musica e buone vibrazioni. Vi è anche un’area dedicata al no profit, dove gli stand di associazioni e organizzazioni che operano per il miglioramento della qualità della vita sul nostro pianeta presentano le loro iniziative e raccolgono fondi. Tutti i servizi, dal punto informazioni all’internet point, sono gestiti da uno staff multi-lingue perchè più della metà dei visitatori arriva da oltre confine (almeno 16 i paesi di provenienza del pubblico per l'edizione 2007). L’edizione 2009 dell’evento è programmata dal 2 al 11 luglio 2009 ancora una volta presso il Parco del Rivellino a Osoppo (Udine). Per maggiori informazioni collegatevi al sito ufficiale www.rototomsunsplash.com

giovedì 25 giugno 2009

LIBRI: "BURNED DAL GHETTO E RITORNO"

In Italia il reggae è un argomento controverso: se ne parla poco e, spesso, in modo sbagliato.
C’è chi crede ancora alla visione pseudo - hippy di questa musica e della cultura che vi sta intorno, cosicché tutto si risolverebbe in un generale "one love, no problem" o, peggio, in un superficiale "volemose bene".
D’altro canto, c’è chi crede che ormai il reggae si sia corrotto e sia dominato esclusivamente da messaggi violenti, omofobi e sessisti.
Da questo clima di generale mistificazione, purtroppo, viene fuori un quadro confuso che non rende giustizia al significato che "la musica di Bob Marley" (come la maggior parte della popolazione italiana la riconosce) riveste in Giamaica e non solo. Non si riduce tutto a Rastaman e marijuana, a "one love" e "take it easy", ma di certo neanche ad insulti e sparatorie.
Il reggae è una musica reale che nasce dalla realtà e la riflette, che fotografa il disagio e la speranza di chi vuole cambiare le cose. Oggi Bob Marley e Peter Tosh non ci sono più, il roots è in declino, ci sono Beenie Man e Sizzla, c’è la dancehall. A collegare questi fenomeni che parrebbero molto diversi c’è il ghetto, la vita dei sufferrah, dei rudeboy.
"Burned" mostra il legame strettissimo tra reggae e strade giamaicane, un legame talvolta controverso e pericoloso che ha connotato e continua a connotare questa musica ed il suo business.
La letteratura a tematiche "reggae – rasta", in Italia, è costituita da pochi titoli, benché molto validi. Questo libro, tuttavia, si pone su un piano diverso: non è un saggio teologico né una guida musicale, ma un vero e proprio romanzo. Non racconta qualcosa sulla Giamaica, sul reggae o sulla dancehall, sui Rasta o sui badman, bensì racconta direttamente come questi elementi si combinino nella vita di tutti i giorni, tra le baracche dello slum o tra gli alberghi dei tour internazionali.
Il romanzo racconta la storia di un giovane manager italiano alle dipendenze di una casa discografica internazionale, inviato in Giamaica per pescare un astro nascente della musica reggae da lanciare sul "mercato che conta". Trovare un cantante a Kingston risulta facile, mentre diviene difficile venir fuori dalle mille insidie che il ghetto comporta: tra vecchi Elder rastafariani e giovani badman senza scrupoli, tra soldi facili e fucili spianati, il protagonista capisce che in Giamaica il music business va ben oltre la musica. Neanche il successo internazionale, infatti, può tagliare questo filo invisibile che unisce il ghetto ai suoi figli.
"Burned" racconta una storia realistica, in grado di rispecchiare ciò che avviene in Giamaica dai tempi di Jimmy Cliff e "The harder they come", fino a Movado e "Gangsta for life".
Perché il reggae tra contaminazioni, degenerazioni e fraintendimenti, è ancora oggi la realtà raccontata dai suoi protagonisti: talvolta in one drop, talvolta in dancehall style.
La Giamaica, il potere della musica, le guerre tra badman, la fede in Jah. Tutto questo è "Burned", Ricky è un giovane avvocato e quando viene spedito in Giamaica per scovare un nuovo talento della musica reggae, non immagina che l’incontro col talentuoso Derrick, un rudeboy, lo condurrà alla scoperta di un mondo che è anche un microcosmo di vita. In un’ambientazione ricca e fascinosa ma al contempo ingrado di offrire molteplici spunti di riflessione, Cardinalespinge il lettore a guardare nelle baracche dei sufferah, nellafede Rastafariana e nei guasti del Babylon System, attraversoun romanzo che va ascoltato, oltre che letto.

Listen reggae music!!

Selezione reggae delle migliori buon ascolto!!!!

Gli UB40 di nuovo in Italia: il 29 e il 30 giugno a Milano e Roma

Arriveranno anche in Italia il prossimo 29 giugno all'Idroscalo di Milano e il 30 all'Ippodromo Capannelle di Roma gli UB40, la leggendaria band capitanata da Ali Campbell, pronti per due imperdibili concerti a Milano e a Roma. La prevendita dei biglietti inizierà alle 12 di domani, venerdì 6 marzo.
Il reggae della band britannica torna, dunque, a farsi sentire in un tour europeo che si preannuncia di gran successo. Per quanto riguarda la scaletta dei concerti, sarà dato ampio spazio ai brani dell'ultimo album in studio 'TwentyFourSeven', ma non mancheranno le hit più amate di 30 anni di carriera ad altissimo livello.
Il nome del gruppo è ispirato al numero del modulo del sussidio di disoccupazione inglese (UB40 acronimo di Unemployment Benefit, Form 40). Singolare il fatto che agli esordi nessun componente del gruppo sapesse suonare uno strumento. Il tipo di musica è una combinazione Pop, Reggae e Rock con ampio utilizzo delle percussioni, sintetizzatore e originali sonorità vocali.

Le leggende del Reggae: Peter Tosh

Apriamo la rubrica sugli artisti che hanno fatto la storia del reggae, sarebbe stato scontato parlare di Bob Marley, parleremo altresì del grande Peter Tosh.
Nasce nel villaggio di Grange Hill, nella parrocchia di Westmoreland, situata nel nord-est della Giamaica, ma a 15 anni si trasferisce a Trenchtown, il ghetto della capitale Kingston. Qui prende lezioni di canto dal produttore Joe Higgs, e conosce i cantanti Robert Nesta Marley e Neville O'Riley Livingston, successivamente conosciuti come Bob Marley e Bunny Wailer, con i quali fonda il gruppo ska "Teenagers". Al trio si aggiungono il cantante Junior Braithwaite e le coriste Beverley Kelso e Cherry Smith, il gruppo cambia così nome prima in "Wailing Rudeboys", poi in "Wailing Wailers". Il primo produttore ad accorgersi del gruppo è Clement "Coxsone" Dodd, che li mette sotto contratto con l'etichetta discografica Studio One e produce un primo singolo, I’m Still Waiting, dopo il quale Junior Braithwaite e le due coriste lasciano il gruppo. Il trio, sotto consiglio del produttore, elegge Bob Marley come frontman e pubblicano un singolo, Simmer Down, in cui incoraggiano i Rude Boy del ghetto a non sottomettersi alle autorità, attirando così su di se l'attenzione delle forze di polizia locali. Con Dodd i tre pubblicano altri due singoli (One Love e Hoot Nanny Hoot) e, nel 1965, il primo album intitolato The Wailing Wailers.
Nel 1966 Bob Marley parte per un tour negli Stati Uniti e Tosh canta alcune cover di brani soul e pop statunitense, affiancate a singoli come solista (Don't Look Back) o in coppia con Bunny Livingstone (The Toughest), è in questo periodo che i due si avvicinano alla filosofia rasta. Quando Marley torna in Giamaica il trio cambia il nome in "Wailers" e fonda un'etichetta propria, la Wail'N'Soul, che produce però un solo singolo, Ben Down Low, il brano ha un tempo rallentato rispetto allo ska classico, che anticipa quello che sarà il rocksteady. La band comincia quindi a collaborare con il produttore Lee "Scratch" Perry; per la sua Upsetter pubblica tre album: Soul Rebels nel 1970 e Soul Revolution e Soul Revolution Part II nel 1971. Durante le sessioni di registrazione al Black Ark i Wailers trovano una grande intesa con gli Upsetters, la backing band di Perry, tanto che due membri, i fratelli Aston "Family Man" e Carlton Barrett, rispettivamente bassista e batterista, passano dalla band di Perry a quella di Marley. Nel 1972 i Wailers firmano per la Island Records con la quale pubblicano nel 1973 l'album Catch a Fire; durante la registrazione dell'album si creano tensioni tra i Wailers, visto che Chris Blackwell, amministratore delegato dell'etichetta, ha una predilezione per Bob Marley e relega Tosh e Livingston a figure di minore importanza. Verso la fine dell'anno il trio pubblica Burnin', secondo album per la Island: durante la registrazione le tensioni tra i cantanti aumentano, tanto da portate Bunny Livingston a lasciare la band durante il tour e lo stesso Tosh ad allontanarsi dai Wailers poco dopo per contrasti personali con Marley; da quel momento il gruppo cambia il nome in "Bob Marley and the Wailers" ed i due vengono rimpiazzati con le coriste Rita Marley (moglie del cantante), Marcia Griffiths e Judy Mowatt, che formano le I-Trees. Peter Tosh e Bunny Livingston cominciano carriere soliste.
La carriera solista
Nel 1976 Tosh firma per la Capitol Records e pubblica l'album d'esordio come solista, Legalize It, che rimarrà per anni come inno per la legalizzazione della marijuana. Per il secondo album il cantante si avvale della collaborazione del duo Sly and Robbie, Equal Rights che è da molti considerato il suo miglio disco, contiene riedizioni di vecchi brani (Get Up, Stand Up) affiancati a nuovi pezzi rabbiosi contro il governo giamaicano. Si esibisce sul palco dello One Love Peace Concert, dove si scaglia duramente contro la classe politica dell'isola che, a suo dire, opprime la popolazione nera, ma durante lo spettacolo non trova consensi con il pubblico, e la polizia, con la scusa di averlo trovato a fumare erba, lo trattiene in caserma picchiandolo per 90 minuti, lasciandogli profonde cicatrici. Il concerto viene visto dal cantante dei Rolling Stones, Mick Jagger, che viene colpito dalla potenza espressa sul palco e gli offre un contratto con l'etichetta Trojan Records con la quale pubblica nel 1978 l'album Bush Doctor. Jagger partecipa alla traccia Don't Look Back che regala a Tosh una grande esposizione mediatica, che gli consente di partecipare al Saturday Night Live. Nel 1979 e nel 1981 pubblica due album sempre per la Trojan, due lavori pieni di rabbia contro il sistema: Mystic Man e Wanted Dread and Alive.
Tosh firma così un contratto con la EMI che lo porta a pubblicare nel 1983 l'album Mama Africa, dal cui tour nasce l'album Captured Live. Dopo quest'album il cantante sparisce dal giro musicale per un pò di tempo, secondo alcuni per cercare consiglio da stregoni africani. Nel 1987 ritorna con l'album No Nuclear War, un album di protesta contro la violenza dilagante, contro l'apartheid e contro Babilonia, intesa come società moderna; l'album, prodotto sempre dalla EMI, vince il Grammy Award come miglior album reggae. L'11 settembre di quell'anno l'artista giamaicano viene assassinato nella sua casa di Kingston: si trovava lì con la moglie Joy e l'amico dj Jeff "Free-I" Dixon, quando un malvivente locale, Dennis "Leppo" Lobban, fà irruzione con due complici per rapinare tutti i presenti; alla richiesta di denaro Tosh risponde in modo negativo, ed i criminali aprono il fuoco uccidendo sia il cantante che l'amico dj
incluso.
La discografia
Albums
1976 - Legalize It
1977 - Equal Rights
1978 - Bush Doctor
1979 - Island Zorro
1979 - Mystic Man
1981 - Wanted Dread and Alive
1983 - Mama Africa
1987 - No Nuclear War
1997 - Negril
2001 - I Am That I Am
2004 - Can't Blame the Youth

Raccolte Live
1984 - Captured Live
2000 - Live at the One Love Peace Concert
2001 - Live & Dangerous: Boston 1976
2002 - Peter Tosh Live at the Jamaican Music Fest 1982
2004 - Complete Captured Live

Compilation
1994 - Collection Gold
1996 - The Toughest
1996 - The Best of Peter Tosh - Dread Don't Die
1997 - Honorary Citizen
1999 - Scrolls Of The Prophet: The Best of Peter Tosh
1999 - Arise Black Man
2003 - The Essential Peter Tosh - the Columbia Years
2005 - Talking Revolution

Sito Ufficiale
http://www.myspace.com/petertoshspace

Ciao a tutti, sono il dj dei volkano reggae sound!!! seguiteci in tanti, che il reggae fa bene!!!

Bless you


Eccoci cari amici, appassionati e non, il reggae trasmette tante sensazioni, tante emozioni e qui per voi pronto un radio-blog che trasmette musica non stop e, nel contempo, dà la possibilità di esprimere le proprie opinioni, i propri gusti, o semplicemente scambiare idee, opinioni...
Vi saluto con l'augurio che il tutto sia di vostro gradimento!