Dall’inizio degli anni ottanta al reggae roots classico cominciò ad affiancarsi il suono rub.a-dub, caratterizzato dalla sua ballabilità, talvolta dalla presenza dei dj e da un ritmo più scarno, fondato prevalentemente su basso e batteria. Nomi del calibro di Sugar Minott, Don Carlos, Barrington Levy, Junior Reid, Frankie Paul, Half Pint, ma anche i dj precursori dello stile raggamuffin come Ranking Joe, U Brown, Early B, Macka B, Charlie Chaplin, Sister Nancy, Sister Carol e il grande Yellowman, che influenzò notevolmente lo stile reggae e quello hip hop con il suo modo di cantare.E mentre da una parte continuava a svilupparsi il reggae in battere e levare, con le sue varianti rockers, roots, che arrivò a vincere il primo Grammy con i Black Uhuru, storica formazione capitanata da Ducky Simpson, dall’altra il produttore King Jammy, con il suo mixer e le sue macchine, dava origine a quella che può essere definita l’era digital del reggae.
La facevano da padrone ai tempi Admiral Bailey, Tonto Irie, Pompidoo, Johnny Osbourne, Wayne Smith, Tenor Saw, King Kong, Nitty Gritty, Nicodemus, Supercat e tanti, tanti altri artisti i cui sette pollici infiammavano le dances.
Tra la fine degli anni ottanta e i primi novanta una nuova generazione di dj’s monopolizzarono la scena con un nuovo stile, erede del toasting e chiamato raggamuffin o ragga, letteralmente “straccione”. Liriche esplicite, talvolta violente, unite a ritmi digitali veloci che dal vivo, con i musicisti, venivano reinterpretati con ancora maggiore grinta e carica, in un modo del tutto originale.
Il maggiore esponente di questa corrente fu senza ombra di dubbio il controverso ma insuperabile Shabba Ranks, artista di fama internazionale che tenne addirittura un concerto in Sud Africa di fronte a Nelson Mandela.
Molti cantanti e tante band non riuscirono più a tenere il passo dell’innovazione, e se sull’isola gli studi di registrazione non erano più rudimentali come nei decenni precedenti, garantendo ai dischi un appeal internazionale, dagli USA il gangsta rap influenzava notevolmente i testi e i modi di fare dei dj’s. Fu il periodo delle x-rated lyrics, della slackness e delle tematiche maschiliste ed omofobiche. Il ragga fu sicuramente il suono più promosso e trasmesso, soprattutto grazie a voci potenti come Burro Banton, Buju Banton, Capleton, Cutty Ranks, Bounty Killer, Beenie Man.
Ma non mancavano esponenti della corrente conscoius, come il grande (r.i.p.) Garnett Silk, o la voce dolce di Cocoa Tea, o il dj style di Tony Rebel.
La metà degli anni novanta vide il riaffermarsi della spiritualità nei testi, le tematiche rasta presero di nuovo il sopravvento proprio come negli anni settanta, e mentre alcuni dj come Buju Banton e Capleton si convertirono al rastafarianesimo cambiando decisamente rotta, nuovi cantanti molto ispirati diedero forma allo stile new-roots. Primo tra tutti il versatile sing-jay Sizzla, vero innovatore e sperimentatore, capace di passare dalle melodie più eleganti al ragga con metriche prettamente hip hop con la massima disinvoltura, lasciandosi andare a virtuosismi vocali e falsetti che lo hanno caratterizzato negli anni. Ma anche Anthony B, con la sua voce potente e le sue invettive politiche, o Yami Bolo, denominato “the lamaica Stevie Wonder”.
Il reggae contemporaneo infine è caratterizzato da una molteplicità di stili e tendenze che spaziano dal roots classico dei vecchi re che ancora ci regalano grandi album, come Burning Spear, Israel Vibrations o Bunny Wailer al nu-roots di Morgan Heritage, Ras Shiloh, Jah Mason, Jahmali, Lutan Fyah, Fantan Mojah, Chezidek, Chrisinti, Luciano, Bushman, Natty King, Junior Kelly, Chuck Fender, Jah Cure; dalla dance hall, meglio definita come bashment, che vanta nomi come Movado, Serani, Vybz Cartel alla scuderia dei fratelli Marley (Ziggy, Ki mani, Junilan, Damian, Stephen), figli del grande Bob.
Di portata ormai planetaria, il reggae si è arricchito di messaggi e culture assai diverse tra loro. E allora ci sono gli artisti ebrei come Joseph Israel e Matisyahu; gli artisti delle Isole Vergini come la dolce Dezarie, Pressure, Batch, Ras Attitude; gruppi americani come Groundation, Boom Shaka, Isaac Haile Selassie; gruppi inglesi come gli Steel Pulse, o il poeta marxista Linton Kwesi Johnson; voci africane come Alpha Blondy, Takana Zion, Lucky Dube (r.i.p.), Tiken Jah Fakoly; voci europee come il nostro Alborosie (ex Reggae National Tickets) e il tedesco Gentleman; artisti italiani come Africa Unite, Sud Sound System, Jahmento, Jaka, Michelangelo Buonarroti, Villa Ada Posse, Fido Guido, Il Generale, Brusco, Boomdabash.
martedì 30 giugno 2009
La Storia del reggae -Terza parte-
Etichette: reggae, roots, Storia del reggae
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